Jacques Lacan, Ancora.

"l'inconscio non è che l'essere pensa, l'inconscio è che l'essere, parlando, gode, e, aggiungo, non vuole saperne di più.
Aggiungo anche che questo vuol dire non sapere assolutamente niente".


J. Lacan, Il Seminario XX, Ancora.


27 ott 2010

Intervento pronunciato il 18/09/2010 in occasione della giornata "Intercartelli" organizzata dalla Segreteria della S.L.P. di Rimini e Bologna

"LA MIA ESPERIENZA DEL CARTELLO" Domenico Cimino _________________________________________________________________________________ Alcuni anni fa ho partecipato al mio primo Cartello. Eravamo quattro “più uno” e abbiamo lavorato insieme per circa tre anni. Il Cartello, così come avviene per l’analisi, richiede una certa regolarità e un certo sforzo. E’ un gruppo in cui ci si incontra regolarmente e si lavora intorno ad un argomento o a uno scritto, da angolature soggettive anche molto diverse tra loro e si tenta di testimoniare e trasmettere del proprio lavoro singolare che è svolto in solitudine. Il Cartello ha a che fare con il sapere, ma di quale sapere si tratta? Se ripenso al mio percorso universitario posso testimoniare di un mio diverso rapporto con il sapere. Per me il sapere universitario era l’assimilazione di un certo numero di formule da ripetere a chi mi avrebbe valutato, ed eventualmente riconosciuto attraverso un atto simbolico che mi avrebbe autorizzato a praticare. Il sapere universitario era per me un sapere soporifero che non includeva la mia soggettività. Ho trascorso il periodo dell’Università “desiderando di ricevere la patente come a scuola guida”, come afferma Lacan a proposito della formazione dell’analista. Successivamente, una volta raggiunto il tanto agognato titolo, sono andato alla ricerca di strumenti grazie ai quali svolgere la professione di psicologo. Tale ricerca si era delineata proprio perché, ma ancora non me ne rendevo conto, il sapere accumulato all’Università mi lasciava in una posizione di impotenza e smarrimento. Poi ho incontrato la psicoanalisi. Il sapere di cui si tratta nel Cartello non è lo stesso del sapere universitario. Ciò che conduce al sapere, afferma Lacan , non è il desiderio di sapere ma il discorso dell’isterica. Nella teoria dei “quattro discorsi” concettualizzata da Lacan , vediamo che al sapere vengono assegnati diversi destini a seconda del discorso preso in considerazione. Nel discorso universitario il sapere è collocato nel luogo dominante del discorso, il posto dell’agente. Il sapere nel discorso universitario non solo è in una posizione di comando, ma è anche situato sopra la barra della rimozione, sotto cui troviamo, nel posto della verità, S1, il significante padrone. Nel discorso dell’università, per quanto riguarda il sapere, si tratta di un sapere saputo, un sapere teorico , cumulabile, la cui verità non è l’insegnamento, infatti il luogo dell’agente è anche chiamato da Lacan parvenza, ma il tentativo di comando di colui che insegna nei confronti degli studenti. Ciò non significa che l’insegnate sia un dittatore, ma si tratta di una struttura discorsiva, quindi che fa legame sociale e gruppo, in cui il sapere è fatto agire ed è condizionato dall’autorità che l’autorizza (S1) e che prevede che ci sia identificazione. Per quanto riguarda il discorso dell’isterica, si tratta di un funzionamento discorsivo che è centrale anche per l’analizzante. Per Lacan il soggetto in analisi deve passare per il discorso isterico proprio perché attraverso il sintomo (S barrato), interroga il Significante padrone (S1) per produrre un sapere (S2) . Tuttavia, il sapere prodotto è contrassegnato dall’impossibilità con il termine che occupa il posto della verità, ovvero l’oggetto causa del suo desiderio. Nel discorso dell’analista il posto della verità è occupato dal sapere (S2). Il sapere in questa posizione sta ad indicare che la verità come sapere è un enigma . Nel discorso dell’analista, egli opera attraverso l’interpretazione in modo allusivo, enigmatico, in un modo che non rinvii ad un significato ma che, attraverso un semi-dire , spinga il soggetto a produrre il proprio sapere fino al suo limite. Il soggetto in analisi attraverso l’associazione libera, infatti, è paradossalmente costretto a produrre un proprio sapere. Per cui possiamo affermare che il sapere relativo al cartello non è assimilabile al sapere del discorso dell’università, in quanto questo è un sapere autoritario. Si avvicina al discorso dell’isterica in quanto spinge alla produzione di un sapere, ma rimanda al sapere del discorso dell’analista poiché in tale discorso il sapere in gioco è dalla parte del soggetto ed è limitato. Lacan afferma che lo psicoanalista deve rinunciare ad ogni tentazione di rispondere anche solo un po’ alla domanda , deve cioè rinunciare a promuovere l’identificazione nel paziente. Lo stesso avvertimento sembra essere l’intento di Lacan di far ruotare il lavoro della Scuola intorno al Cartello. Il Cartello non a caso è contemporaneo alla creazione della Scuola. Per Lacan è impossibile che gli psicoanalisti formino un gruppo ed è proprio per questo che inventa il Cartello. Miller osserva che con la creazione del piccolo gruppo per effettuare il lavoro della Scuola, Lacan intendeva istituire un dispositivo di lavoro non gerarchico, in cui venisse meno l’identificazione al leader, a colui che detiene il sapere . Lacan non disconosce il fatto che in ogni gruppo ci sia un leader, ma lo fa funzionare come un leader modesto, misero . Per quanto riguarda il mio posto nel Cartello a cui ho partecipato, mi ero domandato da quale angolatura affrontare l’argomento scelto. Decisi di partire da ciò che in quel periodo suscitava in me molti interrogativi. Partii dal lavoro che effettuavo in ambito sociale ed educativo, a contatto con ragazzi con diagnosi di ritardo mentale. Il lavoro con questi ragazzi destava in me numerosi interrogativi e non potevo accontentarmi di considerare il ritardo mentale unicamente come il risultato ad un test. Questa insoddisfazione è stato il motore del mio lavoro nel Cartello e insieme agli altri membri, non ho trovato delle risposte, ma ho potuto ricalibrare la mia posizione nel lavoro con queste persone. E’ interessante notare che in questo fenomeno il soggetto si pone, nei confronti del sapere, in una posizione particolare. Il soggetto con ritardo mentale, nell’ottica di Lacan, si fa infatti debile per lasciare la verità e il sapere nel luogo dell’Altro, e rimanere così in una posizione in cui non sia messa in gioco la soggettività .

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