Jacques Lacan, Ancora.

"l'inconscio non è che l'essere pensa, l'inconscio è che l'essere, parlando, gode, e, aggiungo, non vuole saperne di più.
Aggiungo anche che questo vuol dire non sapere assolutamente niente".


J. Lacan, Il Seminario XX, Ancora.


31 gen 2012

SERATE DELLA SEGRETERIA 
2011/2012
SULL'INTERPRETAZIONE
14 dicembre 2011

Lo statuto dell'interpretazione nell'insegnamento di J.Lacan (1953 - 1973)
di Emanuela Radi
(riferimento al testo di Domenico Cosenza "Il problema della tecnica in psicoanalisi")
1. L'interpretazione tra riconoscimento e interpunzione dialettica
Allo scritto Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi (1953) si può ricondurre la prima importante versione del concetto di interpretazione al cui centro troviamo i concetti di desiderio e quello correlativo di mancanza.

La tesi centrale che orienta il pensiero di Lacan è la concezione della psicoanalisi come dialettica che trova riferimento nella fenomenologia di Hegel. L'insegnamento di Lacan ruota attorno alla duplice formulazione del concetto di riconoscimento:

- desiderio di riconoscimento: alienazione immaginaria del soggetto dalla verità del proprio desiderio che ricerca nell'Altro,

- riconoscimento del desiderio: riconciliazione o Aufhebung in cui egli ritrova la sua verità particolare nella storia simbolica entro cui è venuto al mondo e si è costituito.

In questa prospettiva, Lacan inquadra la pratica dell'interpretazione a partire dal “valore di evocazione” della parola, una parola creatrice che restituisce al soggetto il senso inconscio del suo desiderio.

L'interpretazione dell'analista come “interpunzione dialettica” mira a sottolineare il punto di emergenza di tale parola nel discorso del soggetto. Dunque, l'inconscio interpreta e l'analista lo sottolinea spingendo il soggetto a prendere atto della verità contenuta nella parola stessa del soggetto. L'analista funziona come una cassa di risonanza che fa risuonare la verità che emerge dall'inconscio del soggetto. Dice Lacan: “Quando la questione del soggetto ha preso la forma di vera parola la sanzioniamo con la nostra risposta... una vera parola contiene già la risposta... Semplicemente... non facciamo altro che dare alla parola del soggetto la sua interpunzione dialettica ”.

2. L'interpretazione metonimico-allusiva
Con L'istanza della lettera dell'inconscio o la ragione dopo Freud (1956) Lacan passa allo strutturalismo di de Saussure e Jakobson e, dunque, alle leggi del linguaggio, al primato della struttura significante, all'individuazione della mancanza-a-essere come dimensione costitutiva del soggetto umano.

Lacan sostiene che non è possibile una disalienazione del soggetto: l'analisi gli permette però di rapportarsi a tale alienazione costitutiva al cui interno si è prodotto il suo desiderio. Desiderio che egli definisce come metonimia poichè si definisce in base al rapporto tra i significanti entro cui è preso nel discorso del soggetto. Ciò che cambia è il fatto che nell'inconscio il significante dell'identità del desiderio manca per struttura. Ecco perchè Lacan ne La direzione della cura e i principi del suo potere (1958) dice che “il desiderio è la metonimia della mancanza-a-essere ”.

L'interpretazione diventa metonimica e riguarda lo slittamento significante che costituisce la struttura del desiderio attorno suo punto di vuoto costitutivo. Si tratta di concepire “un'interpretazione...(che) possa produrre del nuovo ” rinviando il soggetto dal significato del suo dire alla catena significante che lo rappresenta. Ma l'interpretazione si configura anche come “allusiva” poiché rinvia il soggetto alla significazione prodotta dalla catena significante entro cui si è costruito: è noto il riferimento al dito alzato del San Giovanni di Leonardo per dire che l'effetto ricercato dall'analista non è quello di fissare il senso ma di rinviarlo alla significazione.

3. L'interpretazione come semi-dire
La semantica del fantasma e della libido è evidente nello scritto Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell'inconscio freudiano (1960). Lacan constata che l'immaginario non è del tutto riducibile al simbolico: l'oggetto a, l'oggetto del fantasma del soggetto, emerge come resto non riassorbibile nel lavoro di simbolizzazione.

Si tratta dunque di una semantica che si struttura a partire dall'Altro del desiderio e che ruota attorno alla nozione di fantasma come punto di riferimento della significazione inconscia.

Del resto, però, tale semantica introduce delle contraddizioni teoriche nell'insegnamento di Lacan che lo condurranno a rimettere al centro della sua elaborazione il registro del reale e a costruire formule miste in cui cerca di integrare il reale del godimento e dell'oggetto a nel quadro della struttura significante.

L'interpretazione ha di mira il reale non simbolizzabile costituito dall'oggetto causa del desiderio, il nucleo significante primordiale di non-senso all'origine di tutte le significazioni del soggetto. Essa consentirà di fare emergere “un significante irriducibile..., traumatico..., fatto di non-senso ” a cui è “assoggettato”.

La nozione di interpretazione come semi-dire è articolata da Lacan nel Seminario XVII, Il rovescio della psicoanalisi. Qui Lacan compie uno sforzo di integrazione tra il campo del significante e il campo del godimento, tra simbolico e reale: i quattro discorsi mostrano che l'intervento significante non produce solo effetti di senso ma anche effetti di godimento sul soggetto.

L'interpretazione rappresenta qualcosa che “si può dire solo a metà ” e che attraverso l'enigma” e la “citazione ” rinvia al dire dell'analizzante dividendolo e introducendo in lui la sorpresa. Dice Lacan: “Un sapere in quanto verità... definisce la struttura... dell'interpretazione ”.

4. L'interpretazione come taglio
Lacan in seguito si focalizza sulle nozioni di inesistenza dell'Altro e di reale del godimento costruendo una semantica a partire dal godimento. In questo quadro la parola del soggetto in analisi è supporto del godimento.

Il Seminario XX. Ancora (1972.73) rappresenta in modo esemplare la centralità del godimento nel parlessere in cui il rapporto con il linguaggio si struttura a partire dall'esperienza di godimento della lalingua . Lacan considera l'opera di Joyce l'esempio più evidente di una scrittura che evidenzia il funzionamento libidico della lingua come veicolo di godimento.

L'interpretazione è concepita come taglio che mira alla rettifica al livello del godimento, ovvero a staccare l'oggetto di godimento dalla rete dei significanti in cui è preso, a evidenziare lo iato tra enunciato ed enunciazione, tra il detto e il dire.

Il rovescio dell'interpretazione
Miller, per sottolineare lo spostamento concettuale che Lacan opera in quegli anni, parla di una “pratica post-interpretativa” poiché “l'era dell'interpretazione è alle nostre spalle ”.

Miller coglie una diversa dimensione dell'interpretazione psicoanalitica che si inaugura con Lacan:

- Freud interpretava il sogno e concepiva il sintomo come messaggio da decifrare,

- Lacan parte invece dal sintomo e prende il fantasma come riferimento: “Il fantasma è una frase che si gode. Messaggio cifrato che cela il godimento ”.

Dunque, si tratta di una interpretazione che lavora al rovescio rispetto all'interpretazione dell'inconscio:

- “interpretare alla maniera dell'inconscio vuol dire rimanere al servizio del principio di piacere”: l'inconscio cerca di produrre senso,

- “interpretare al di là del principio di piacere [vuol dire] interpretare in senso contrario all'inconscio”: ovvero, attuare una prima operazione di riduzione del senso ai significanti primordiali e asemantici (S1) su cui si è costruita la storia del soggetto e una seconda operazione di scollamento di tali significanti dall'oggetto a causa di desiderio.

Miller propone di visualizzare tale pratica post-interpretativa sul matema del discorso dell'analista:

a         S/
__        __
S2        S1

Tra i due significanti che troviamo sotto la barra c'è una separazione e le conseguenze sono fondamentali per ciò che riguarda l'interpretazione:

- se “la seduta si costituisce come unità semantica... S2 viene a punteggiare dove c'è elaborazione, delirio al servizio del Nome-del-Padre”, interpretazione che “testimonia solo il narcisismo degli psicoanalisti ”. Miller dice che la punteggiatura è dell'ordine della significazione, è sempre semantica e definisce ogni volta un punto di capitone. Così invita alla prudenza e dice che se l'interpretazione che l'analista propone al soggetto è di questo ordine, è meglio tacere.

- se “la seduta analitica si costituisce come unità a-semantica... riporta il soggetto all'opacità del proprio godimento, e ciò suppone che venga interrotta prima che si concluda”. Miller parla a questo proposito del rovescio dell'interpretazione mettendo in opposizione la via dell'elaborazione con la via della perplessità per non chiudere il discorso del soggetto ma aprirlo su quel punto di non-senso che è al cuore della sua struttura, per non “nutrire” il suo delirio di nevrotico bensì per “affamarlo ” cogliendolo di sorpresa.

Dunque Miller sostiene che oggi l’interpretazione deve puntare a “svezzare” il soggetto dal senso per non ingannarlo e per non contribuire a rendere l’esperienza analitica qualcosa di interminabile.





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