Jacques Lacan, Ancora.

"l'inconscio non è che l'essere pensa, l'inconscio è che l'essere, parlando, gode, e, aggiungo, non vuole saperne di più.
Aggiungo anche che questo vuol dire non sapere assolutamente niente".


J. Lacan, Il Seminario XX, Ancora.


26 nov 2012



 “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia"

 Intervento di Gabriele Pazzaglia

Clinica e passe, portano con se altre due parole: transfert e reale. La clinica psicoanalitica comporta l’utilizzo del transfert. Questo è ciò che la differenzia, nell’essenziale, da tutte le altre cliniche. Ed è qui la fonte di tutto lo scandalo di cui essa è ancora oggetto, ed anche delle  difficoltà che essa comporta. Freud lo esplicita chiaramente:

È innegabile che il controllo dei fenomeni di traslazione crea allo psicoanalista le maggiori difficoltà, ma non bisogna dimenticare che proprio essi ci rendono il servizio inestimabile di rendere attuali e manifesti gli impulsi amorosi, occulti e dimenticati, dei malati. Infatti, checché se ne dica, nessuno può essere battuto in absentia o in effigie.[1]

Parole che essendo risapute, rischiano di diventare scolorite, ma che ogni volta facciamo clinica riprendono tutto il loro peso. Lacan nel Sem X, afferma che una volta stabilitosi il transfert, tutto avviene e prende senso al suo interno. Nell’introduzione a “La psicoanalisi scende dal lettino”, A. Di Ciaccia, in merito a cosa sia o non sia psicoanalisi, dice che se è psicoanalisi si tratta di far sì che l’analista si faccia partner del fantasma del soggetto in modo che si producano formazioni dell’inconscio. Si producano sogni, lapsus ecc. e non acting out o passaggi all’atto. Mi viene in mente, allora, una frase ascoltata in controllo:

In linea generale è sempre sbagliato o rischioso mettersi nella posizione del soggetto supposto sapere. …. La difficoltà sta nel mettere da parte ogni narcisismo da parte dell'analista.

Dunque, se è questo è il punto, è chiaro che diventa essenziale il desiderio dell’analista. Sappiamo che non si tratta di una questione di individuo. Non c’è l’analista. Ma c’è un desiderio dell’analista che può sorgere, venire alla luce. Non è un dato di fatto ma una questione che sorge di volta in volta, non è un dato assodato una volta per tutte ma un apparire in virtù di un desiderio. In fondo è in questo senso che appartiene alla dimensione del femminile. Se non è un dato di fatto ma qualcosa che appare, è necessario allora che sia testimoniato per poter dire che tale possibilità effettivamente consiste e non è solo una chimera della mente. La passe risponde a questa esigenza: sapere, quel che è possibile sapere, di come in un essere parlante sorga il desiderio dell’analista e di come riesca a metterlo in opera con altri esseri parlanti.
C’è un altro punto di cui si cerca di dare testimonianza attraverso la passe: l’emergere del fantasma e del reale che esso contorna. Due passi di Lacan ci possono indicare come questi due punti siano cruciali:

Il fatto è che un fantasma provoca davvero un bel disordine perché non si sa come metterlo in un ordine, perché sta lì, tutt'intero nella sua natura di fantasma che non ha altra realtà che il discorso, e non attende nulla dai vostri poteri, anzi è lui a domandarvi di mettervi in regola con i vostri desideri. (J. Lacan, Kant con Sade)

Il vero è qualcosa che fa piacere. In reale non fa piacere, per forza di cose. Il godimento del reale comporta il masochismo. Il masochismo è il massimo godimento. (J. Lacan, Seminario XXIII)

La passe, penso, ci testimoni soprattutto di questo, di cosa ci si fa con il godimento che residua.


[1] S. Freud, Dinamica della traslazione (1912), in Opere, vol. VI, Boringhieri, Torino 1974, p. 531, corsivo dell’Autore.

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